venerdì 27 giugno 2008

Flat 2008 - materiali & reports

Un po' di materiali dal FLAT bolognese


Questa è la sintesi finale:

Il 14 e il 15 giugno 2008 l’assemblea nazionale femminista e lesbica si è incontrata a Bologna spinta dal desiderio e dalla necessità di continuare il percorso nazionale iniziato a Roma con la manifestazione del 24 novembre 2007 contro la violenza maschile sulle donne e proseguita con un’assemblea di valutazione della stessa (il 12 –1-’08 a Roma) e con la due giorni di Flat il 23 e il 24 febbraio 2008.

L’incontro a Bologna è nato dalla volontà politica di continuare ciò che insieme e in tante abbiamo costruito e reso visibile. Dall’esigenza di individuare strategie e pratiche di lotta da agire affinché sempre e con forza possiamo affermare la nostra autodeterminazione di femministe e lesbiche.

Abbiamo discusso di pratiche comuni, azioni di lotta e di comunicazione con donne e lesbiche, per contrastare la violenza e decostruire quelle relazioni di potere maschile esercitate in tutti gli ambiti della società come strumento di controllo e disciplina su donne e lesbiche.

Abbiamo discusso della necessità di essere soggetto protagonista dei media per produrre informazione, non più controinformazione, accessibile a tutte, al fine di contrastare un’egemonia culturale che si dichiara neutra e tale non è.

Abbiamo discusso della necessità di strategie comuni per contrastare le politiche familiste e le leggi sull’immigrazione che oltre ad ostacolare ed impedire l’accesso ai\alle migranti ad un sistema di diritti minimo, fomentano odio razziale e penalizzano doppiamente le donne.

L’Assemblea nazionale esprime la priorità di lavorare sui punti di convergenza che ci uniscono, valorizzando la pluralità delle analisi e delle pratiche, consapevoli delle differenze che ci attraversano ma determinate a volerle gestire in modo costruttivo per una maggiore partecipazione ad una cultura condivisa da donne, femministe e lesbiche.

L’Assemblea ha quindi espresso la necessità politica di rendere ancora una volta dichiarato il rifiuto e l’opposizione all’uso strumentale del corpo delle donne e delle lesbiche per l’etnicizzazione della violenza e la giustificazione di politiche securitarie e razziste.

Si è concordato sulla necessità di innalzare l’attenzione rispetto alle mobilitazioni ed alle lotte dei “movimenti migranti” e di lavorare per intrecciare relazioni con le donne, affrontando le diverse condizioni materiali di vita, di linguaggi, di culture, con la finalità di uno scambio reciproco per la costruzione di un percorso condiviso.

L’Assemblea ha inoltre discusso sull’opportunità di aderire alla manifestazione provinciale dei/delle migranti del 5 luglio. Da parte di molte è stata espressa la difficoltà ad aderire come rete nazionale alle varie iniziative politiche locali. L’assemblea ha riconosciuto che più che dare semplici adesioni o solidarietà nelle varie iniziative locali, è fondamentale per noi in primo luogo la costruzione di relazioni con le donne e le lesbiche interne ad altri percorsi di lotta.

Ci si è poi confrontate sulla definizione di Sommosse; se si tratti di una rete di coordinamento o di un soggetto politico.

Si è valutata la possibilità che la mailing list Sommosse da ambito principalmente di partecipazione al dibattito e scambio di informazioni possa essere equiparata ad una assemblea permanente che prenda decisioni al pari degli incontri nazionali; numerose perplessità espresse in proposito soprattutto riguardo all’accessibilità al mezzo, hanno lasciato aperta la questione.

L’Assemblea ha espresso la volontà di organizzare una manifestazione nazionale per il 22 novembre 2008. Riguardo alle modalità della manifestazione, è stata sollevata la necessità di mettere in discussione quelle usate il 24 novembre 2007 ma molte hanno affermato di non voler fare passi indietro rispetto allo scorso anno. Non c’è stato tempo per discutere questo punto che quindi dovrà essere ripreso.

Su questa premessa L’assemblea nazionale femminista e lesbica propone:

- una manifestazione nazionale al sud, se le compagne del sud avranno volontà e possibilità di “ospitarla” in caso contrario da fare a Roma, il 22 novembre 2008(il sab più vicino al 25 \11): la questione centrale sarà ancora la violenza maschile sulle donne e le lesbiche.

- una settimana di campagne locali (da farsi tra settembre e ottobre) in cui organizzare momenti di incontro e scambio con le altre donne e lesbiche e in particolare con le migranti di prima e seconda generazione, con l’obiettivo di costruire relazioni che consentano la condivisione dei diversi percorsi di lotta. (A Roma l’intento è di caratterizzare questa campagna in senso antisessista, antirazzista e antifascista, partendo dalla denuncia del pacchetto sicurezza e producendo anche manifesti eventualmente esportabili nelle altre città).

- la partecipazione e l’attenzione al processo di Perugia per il femminicidio di Barbara Cicioni di cui la prima udienza è il 19 giugno ’08 e nel quale per la prima volta viene introdotto il temine femminicidio all’interno dei tribunali italiani

- la creazione di contatti , reti, occasioni di relazione con associazioni e gruppi di donne migranti

- la costruzione di un ambito di discussione per il confronto di linguaggi e pratiche di lotta fra “vecchie” e nuove generazioni da collocarsi in un prossimo incontro.


Sintesi scritte (e non)


la sintesi della gruppo sulla Violenza >>

la sintesi del gruppo sulla Comunicazione >>

la sintesi (per ora il video) del gruppo su antifascismo, antirazzismo, antisessismo>>

le primissime foto dell'assemblea >>



Risorse Video di DonnaTV:

Sintesi del gruppo sulla Violenza esposta in Plenaria >>

Sintesi del gruppo su antifascismo-antirazzismo-antisessismo >>

Sintesi del gruppo sulla Comunicazione >>

Video sulla 2 Giorni >>

Intervento in Plenaria del gruppo antirazzismo-antifascismo-antisessismo e qui altri interventi sullo stesso tema >>

Interventi sulla Comunicazione e sul metodo del consenso >>

giovedì 19 giugno 2008

Preservativo Condom Goldoni o come diavolo li volete chiamare...

Sempre le "Sorelle"

Pillow book

Un argomento difficile, fondamentale per la salute delle donne, ma che evidentemente non viene affrontato abbastanza con i nostri giovani ,tant’è che diversi nostri uomini e donne di mezz’età nuotano nel più totale ignoranza: l’utilità del preservativo.
Oltre a prevenire la gravidanza (anche se ancora oggi c’è chi non sa che metterlo all’ultimo momento può anche essere già troppo tarde) sappiamo che aiuta a prevenire una gamma di malattie che a volte non hanno cura. O no? Io vivo in Lombardia, dove negli ultimi anni il contaggio di certe malattie tra etersessuali ha fatto il sorpasso del contaggio via rapporti omosessuali o tra tossici che condividono aghi: un rapporto uomo-donna senza preservativo è ora il modo più frequente di contaggio. Eppure con grande stupore ho scoperto che un mio conoscente, uomo di mezz’età, laureato, padre, separato don giovanni "incallito" non lo usava mai perché "non vado con i gay o con le tossiche". Ho spedito l’amico ignorante direttamente a fare gli esami del sangue al Sert dove il medico di turno lo ha inchiodato e lo ha fatto una lezione sull’intera gamma di malattie che rischiava e come evitarle. L’amico, con buona grazia, ha ringraziato il medico e gli ha detto "non riesco a credere che ho studiato fino alla laurea e nessuno mi ha spiegato queste cose".
Oltre alle tragiche malattie ben note, ce ne una che colpisce pesantemente la donna: il papilloma virus, che può portare a tumori della cervice, la vagina e altre zone in dotazione esclusiva alle donne: Da tempo si aveva notato la correspondenza tra donne con un numero più alto della media di partner sessuali e il tumore alla cervice: alla base c’è il papilloma virus. Il numero più alto di partners semplicemente incrementa la probabilità di incontrarlo, non è il numero di partners in sé che contribuisce. Non è moralismo, è matematica. E basta un preservativo per sconfiggere la matematica.
Vorrei quindi segnalare a tutte voi questo post di Morgan, un giovane uomo di Roma molto impegnato nel sociale, che racconta il suo lavoro e il suo impegno nel blog che scrive, Solitamente si occupa di senzatetto, ma non si ferma solo lì.
http://acmedelpensiero.blogspot.com/2008/06/io-lo-faccio-senza-profilattico.html

Prescrizione per la pillola del giorno dopo

Dalle "Sorelle":


Gli incidenti capitano. Gli integralisti che li rendono più difficili da gestire, pure. Ma capitano anche le persone che lottano per il diritto ad avere l’ultima parola sul proprio corpo.

A partire da sabato 14 giugno 2008, se una struttura pubblica ti ha negato la prescrizione della pillola del giorno dopo, e se sei a Roma o a Milano, puoi ricevere assistenza immediata chiamando i numeri di Soccorso Civile ed ottenendo subito la ricetta. A Roma puoi chiamare il numero 333 9856046 tutti i giorni feriali dalle 09:00 alle 19:00, e non stop dalle 09:00 del sabato mattina fino alle 09:00 del lunedì mattina. A Milano puoi chiamare il numero 345 5011223 non stop dalle 18:00 del venerdì pomeriggio fino alle 08:00 del lunedì mattina.
Perché tutte siamo passate - in prima persona, nei racconti di un’amica - attraverso le forche caudine dell’infermiera che "guarda, il medico è obiettore, che cosa vuoi" (segue sguardo di compatimento), o del dottore che "io ti prescrivo la pillola, ma guarda che è un favore e potrei anche decidere di lasciarti nel tuo brodo" (segue sguardo di condanna dei tuoi lascivi costumi).

(via l’infaticabile Alessandro Capriccioli)

Storie di suore, vescovi, pretacci e invalidi.

Sempre loro. Noantri.

Pillow book




Faccio subito una premessa doverosa per chi legge: io non sono credente. Nonostante abbia praticamente tutti i sacramenti cristiani del più classico percorso di un bambino italiano che diventa adolescente (battesimo, comunione e cresima) in una famiglia umile del ceto medio, una volta raggiunta l’età della ragione ho preso le mie decisioni. Senza pressioni da parte dei miei genitori e nel più grande rispetto per il ruolo che la religione cattolica occupa nella storia del Paese.
Questa settimana ci sono state due vicende che parlano di religione, di credo, di sofferenza che mi hanno molto colpito. La prima è quella delle due monache di clausura, cacciate alcuni anni fa dal monastero di Santa Maria del Carmine di Camerino, che domenica mattina si sono incatenate per circa due ore alla base di un lampione in piazza Pio XII, lo slargo antistante la basilica di San Pietro. Suor Albina , 73 anni, e suor Teresa , 79, appartenenti all’ordine delle Carmelitane di antica osservanza, avevano due cartelli di protesta e si rivolgevano direttamente al santo padre. Su uno c’era scritto: «Santità, non siamo né prostitute, né violente, né ladre, né malate di mente».


Le due suore dicono di aver lasciato il monastero per due mesi per motivi di salute e di non essere poi state riammesse. Secondo qualcun altro invece la vicenda è meno chiara di quello che sembra: sono aperte infatti un’ispezione eccelesiale e un’inchiesta della procura. Suor Albina era la priora del convento prima di esserne allontanata per alcune irregolarità, compresa la presenza di un uomo ospitato come custode nella struttura. Da un’ispezione, però, erano emersi anche ammanchi di denaro, sui quali era stata aperta un’inchiesta della magistratura. Quest’ultima, nel 2007, ha chiesto il rinvio a giudizio dell’uomo per truffa e circonvenzione di incapace. Lo scorso mese di aprile a Macerata si è aperto il processo a carico di Pierpaolo Melchionda, 40 anni, ex carabiniere, l’uomo presente nel convento come factotum. È accusato di appropriazione indebita, truffa e circonvenzione di incapace, in relazione ad ammanchi nei fondi del convento e altre irregolarità, tra cui la compravendita di un terreno.
Una storia curiosa, che forse fa sorridere. Tutti avranno pensato infatti alle arzille monachelle e al carabiniere quarantenne chiuso nel convento che se la spassano. Premesso che sostanzialmente non me ne importa un fico secco degli eventuali peccati delle due donne, quello che stona in tutto questo è quel cartello. Quel “non siamo prostitute, né violente, né ladre, né malate di mente”. Nel linguaggio usato, nelle categorie indicate come indegne, emerge ancora una volta tutta la discriminazione di corporazioni settarie e religiose poco lontane nella loro concezione di società dai fanatici islamici. Ecco cosa mi ha allontanato dalla fede, dalla religione. Il terrore di essere visti come dei peccatori, la ricerca ossessiva (lo ricordo anche nelle prediche che mi facevano le suore all’asilo) di far parte di quelli che si salveranno, a discapito del prossimo. Perché sono loro che non entreranno nella casa del signore, “mica noi che siamo buoni”.
L’altra storia è quella di Viterbo dove due ragazzi di 26 anni, prossimi alle nozze, non hanno avuto il permesso di sposarsi in Chiesa dal Vescovo della città a causa del grave incidente che ha causato la paralisi delle gambe di lui. Il problema non era tanto la sedia a rotelle con la quale avrebbero dovuto convivere per il resto della loro vita, quanto il dubbio sulla capacità del ragazzo di poter procreare. Ecco un altro esempio di giudizio sul comportamento altrui. Dico io, neanche fossero stati due omosessuali, due diversi, due peccatori, due musulmani convertiti. Questi dubbi del vescovo mi sanno tanto di selezione della razza . Sembra quasi che la casa del signore non sia così aperta a tutti, almeno finché le chiavi saranno in mano a delle teste di cazzo. Alla fine i due sono stati uniti in cerimonia religiosa al Cto di Roma. «Posso garantire - ha detto il sacerdote che li ha sposati - che anche il vescovo sta soffrendo per la piega che ha preso una decisione che voleva essere invece un atto di prudenza pastorale. Certo, e qui debbo essere onesto con me stesso, in questa prudenza dovrebbe anche entrare quello che i due ragazzi pensano e decidono. E loro avevano deciso di celebrare il matrimonio per vivere insieme. Lo avevano detto anche a me, per telefono, quando dal Canada avevo fatto percepire a loro che suggerivo di aspettare. Ma nel momento in cui ho capito la loro volontà, che mi è sembrata una testimonianza di amore che dà vita, non ho avuto dubbi: l’amore, se vero, non può essere fermato da nessuna regola».
Tutti contenti dunque, tranne il vescovo. Immagino la sua sofferenza. Ma la colpa stavolta è dei ragazzi, credenti e con tutti i sacramenti cristiani del più classico percorso di un bambino italiano che diventa adolescente (battesimo, comunione e cresima) in una famiglia umile. Perché l’errore sta nel farsi giudicare da un altro uomo. E’ il passo che porta all’ostinata ricerca di far parte di quelli che si salveranno. Sono gli altri quelli che non entreranno nella casa del signore: le prostitute, i violente, i ladri, i malati di mente. Ma volendo anche gli storpi e le suore.

Said è stato ucciso ieri.


fonte: varesenews.it

Gerenzano - Testimone oculare: parla il fratello dell'operaio freddato perchè chiedeva uno stipendio. L'omicida ha confessato“Gli ha puntato la pistola sul cuore e l’ha ammazzato”
“Ho lavorato per loro sei mesi poi mi sono licenziato cinque giorni fa, perchè ho trovato un altro padrone che mi paga di più. Ma il vecchio padrone mi deve ancora dare lo stipendio di maggio e ho bisogno di soldi: così ho chiesto a mio fratello di venire a incontrare Edoardo Fioramonte, per farmi pagare, capito?”.
Il titolare della Katon, ieri alle 14, non c’era, ma il racconto di Abdul Abdel Halim, 27 anni, spiega perché un gruppetto egiziani sia andato a chiedere dei soldi nella ditta di edilizia di Gerenzano, dove il figlio del titolare, Antonio Fioramonte di 19 anni, ha fatto fuoco uccidendo Said Abdel Halim, 29 anni.
“Volevo solo i soldi, questo è tutto. Il 15 del mese – spiega ancora – è sempre il giorno di paga, ma era domenica, mi hanno dato appuntamento a martedì. Quando sono arrivato, il titolare non c’era, così – continua l’egiziano – sono tornato con mio fratello, due amici, e mia moglie”.Quest’ultima è italiana, dice di chiamarsi Gaetana, ed è l’ultima persona che ha parlato con la vittima prima che morisse: “Dovevamo andare a fare la spesa – racconta – ma prima abbiamo accompagnato Abdul e Said a parlare con Edoardo Fioramonte. Il figlio ha sparato dappertutto, Said aveva il petto pieno di sangue, io gli ho tenuto la ferita, seduta in ginocchio, pensavo l’avesse colpito di striscio e invece mi è praticamente morto tra le braccia».
Il fratello della vittima, appena uscito dalla caserma dei carabinieri di Cislago, è sconvolto. Era nervoso, per quello stipendio che, dice, gli dovevano: “Avevo paura che non lo avrei più recuperato”. Una rabbia cieca, ce l’ha avuta di certo il ragazzino di 19 anni che ha sparato 14 colpi, dappertutto, spaccando vetri, lasciando sangue a terra. Ma il colpo mortale sarebbe stato sparato a bruciapelo: “Gli ha puntato la pistola sul cuore e.... pum, ha sparato, così, come se avesse preso coraggio dopo aver colpito a casaccio” dice Abdul, che ha già testimoniato. Antonio si è costituto dopo una fuga con la sua Peugeot nera, durata solo tre ore. I carabinieri gli hanno fatto terra bruciata intorno e i familiari lo hanno convinto a tornare sui suoi passi. Lui e il padre sono stati denunciati perché la pistola era senza permesso. L'interrogatorio è durato fino a tarda sera, il ragazzo ha confessato.
Il delitto è accaduto in una ditta specializzata in pietre autobloccanti per l’edilizia, dove ufficio e ditta sono nello stesso cortile, nel centro del paese. Ogni quindici del mese gli operai (spesso artigiani in proprio) passano per farsi fare la ricevuta e prendere i soldi, non di rado qualcuno urla e protesta. Secondo un artigiano siciliano, che metterebbe la mano sul fuoco sul signor Fioramonte, è colpa della testa calda degli stranieri. Gli egiziani, invece, dicono che c'è solo una spiegazione: vengono pagati poco.

Martedi 17 Giugno 2008
Roberto Rotondo

martedì 17 giugno 2008

sommovimento femminista perugia

Giovedì 19 giugno, ore 9.00 in concomitanza con la prima udienza del
dibattimento per il femminicidio di Barbara Cicioni, uccisa il 25
maggio 2007 a Marsciano dal marito Roberto Spaccino, Presidio in piazza della Repubblica a Perugia. Per rivendicare l'autodeterminazione delle
donne e ricordare che senza diritti non c'è sicurezza! Contro ogni
violenza maschilista, familista, di Stato!!!

La sacra famiglia uccide

" ... più della criminalità organizzata e comune. Il 31,7% delle
uccisioni avvengono tra le mura domestiche, più del 68% delle vittime
sono donne e il carnefice un familiare maschio o comunque un uomo che
aveva rapporti con la vittima in 9 casi su 10 (marito, padre, fidanzato,
fratello, vicino di casa ecc.). Il rischio più alto è per le inoccupate,
tra i 25 ed i 54 anni ... ? /(dal Corriere dell'Umbria di martedì, /11
/marzo 2008) /

Perugia, 25 maggio 2007. La "sacra famiglia" miete un'altra vittima,
Barbara Cicioni, presa a pugni in testa e poi soffocata quando era nel
letto, incapace di difendersi per la gravidanza avanzata e il diabete.

Barbara Cicioni è morta il 25 maggio 2007. Ma il suo assassinio era una
morte annunciata da ingiurie quotidiane, percosse, violenze psicologiche
nel corso di un?intera vita matrimoniale. Alle continue violenze,
Barbara aveva reagito, aveva denunciato il marito e per un po' era
riuscita ad allontanarlo, ma poi ha continuato a subirlo perché "la
famiglia deve restare unita" e in nome di questa "sacra famiglia" è
stata uccisa.

Il marito, Roberto Spaccino, ammette di averla picchiata, ma nega di
averla assassinata: /"Mia moglie era incinta, non l'avrei mai uccisa" ... /

Già, perché l'uxoricidio è un reato, ma non il femminicidio e il valore
della vita di una donna si misura in funzione del suo ruolo di
"incubatrice", moglie, madre al servizio del focolare domestico, sempre
più spesso testimone passiva di violenze e abusi sessuali anche sulle
proprie figlie/i.

La 'strage' quotidiana fatta di stupri e uccisioni contro le donne si
consuma nella maggioranza dei casi in famiglia.

E' in questo sistema sociale che, più le donne vengono violentate e
uccise in famiglia e più la famiglia viene esaltata dai vari Ratzinger,
Ruini, Casini e dalla loro ideologia maschilista e patriarcale, in cui
l'uomo considera moglie e i figli di sua proprietà.

Ed è in questo sistema sociale, che di violenza eterosessista si
alimenta e che violenza produce, che si va rafforzando una politica di
centralità della famiglia (fino al family day) e di subordinazione della
donna in un clima da moderno medioevo che nega di fatto ogni libertà di
scelta libera e consapevole. Se alle donne vengono negati i diritti
basilari di decidere della propria vita, se la legge di uno Stato
considera la sua vita meno di un embrione, la causa/conseguenza è la
ripresa del peggiore maschilismo nei rapporti uomo donna!

E' questo stesso sistema sociale che genera violenza: rinchiude le donne
dentro le mura domestiche, dentro i loro mattatoi, nega loro
l'emancipazione per la mancanza di un reddito, nega spazi di socialità
dove potersi confrontare e aiutare, offre una città blindata e
desertificata, alimenta paura e solitudine attraverso misure di
controllo securitarie e di stampo razzista, senza dare alcuna risposta
al bisogno diffuso e capillare di sicurezza sociale. Queste misure hanno
un effetto diretto d'incoraggiamento delle violenze sessuali a tutti i
livelli: creano un clima oscurantista e di sopraffazione, creano città
"sotto controllo", invivibili, in cui è bandita, e a volte addirittura
criminalizzata, ogni forma di socialità non consumistica.

C'è un rapporto diretto tra aumento delle misure di "sicurezza" e
l'aumento degli stupri e dei femminicidi, tra la violenza dello Stato e
quella della società.

BASTA VIOLENZA SULLE DONNE!

Nel nome di tutte le donne stuprate, uccise, oppresse, contro questa
guerra di bassa intensità contro le donne rispondiamo con rabbia e
determinazione

* sommovimento femminista perugia*








lunedì 16 giugno 2008

balenottera spiaggiata

Ci sono giorni, me ne rendo conto, che mi agito come una balenottera spiaggiata.
Tento di districare i pensieri come si tenta di districare un gomitolo di filo passato tra le zampe impazzite di un gatto annoiato che improvvisamente ha trovato la sua unica fonte di vita e di divertimento.
Una palla biturzoluta di filo amalgamato con polvere e peli e saliva di gatto.
Ecco in che condizioni è la mia testa.
E siccome non riesco a districare un bel niente, mi agito come una balenottera spiaggiata che patisce per l’assenza d’acqua.
Vorrei, dovrei, potrei.
Ma è un turbine, un assalto.
Mi volto, e un quarantenne rapisce la sua ex fidanzata, la porta a casa e la costringe a lavare i piatti e a stirare. Fa proprio così.
Lei sta bevendo qualcosa con un’amica, in un pub. Lui entra. La strattona, la trascina in macchina.
La chiude in casa e la costringe a fare la casalinga.
E non c’è niente da ridere, se mai a qualcuno venisse la voglia.
Questo succede.
Ma l’unica cosa che sembra preoccupare “la gente” è questa stramaledetta sicurezza.
Ma sicurezza di cosa? Ma delle proprie sante abitazioni, e di cos’altro?
E quindi, giù di telecamere, sul cortile, sulla porta di casa, sulla cassetta delle posta o sull'ingresso del garage.
Senza violare la privacy dei vicini, mi raccomando.
Mi giro in un’altra direzione. Annaspo.
E mi dico: di che cosa mi stupisco se l’82% di questo paese è daccordo che per le strade se ne vada in giro l’esercito?
E cosa posso dire, se mi si rassicura dicendo che l’esercito serve solo ad evitare le ronde?
Mentre io ormai mi dibatto violentemente sulla battigia.
E penso che di tutto questo alla donna di Santa Maria Capua a Vetere, segregata dalla famiglia per diciotto anni perchè ha avuto la balorda idea di rimanere incinta non interessa un bel niente.
Giustamente.
Meno che mai alla donna di Pedropolis, in Brasile.
Anche lei segregata in casa per diciotto anni, dal marito.
La violenza sulle donne non ha confini.
Un po’ come certa gente, che sull’espresso Palermo Milano insulta, aggredisce e ferisce una passeggera Ganese. Si tratta del capotreno che pare abbia usato queste due parole, tra le tante: sporca negra.
E mentre mi agito in preda alle convulsioni, mi va il sangue al cervello.
L'uomo bianco occidentale civilizzato.
Fascista.
Che apre bocca, alza le mani, nel suo piccolo mondo dove può fare e dire quello che gli pare.
Vigliacco.
E se solo mi volto a guardare altrove.
A largo di Malta.
Un’altra barca che affonda. Sei dispersi. Ci sono anche dei bambini. O dovrei dire c’erano.
Annaspo.
Senza una direzione.
Ecco. E’ così. Alle volte le cose, tutte quante insieme, sfuggono al mio controllo e non riesco a fare niente per non essere travolta.
Ogni singolo sporco fottuto avvenimento su questo benedetto pianeta mi arriva in faccia come un’onda. Uno dopo l’altro.
Senza darmi il tempo di riprendere il fiato tra una gozzata d’acqua salata e l’altra.
Un disastro.
Una sensazione orribile.
Spiaggare come una balenottera dopo aver rischiato di affogare, per l’ennesima volta.

Ambulatorio medico popolare di Milano

Una serata per conoscere e sostenere l'Ambulatorio medico popolare

Un momento di formazione e orientamento sui servizi sanitari e il diritto alla salute per migranti (e non solo)

Uno sguardo sulla Milano dei quartieri

Unione femminile nazionale e Associazione per una Libera Università delle donne

vi invitano all'incontro con

Ambulatorio medico popolare di Milano

Spazio dell'Unione Femminile/Corso di Porta Nuova 32 Milano
Martedì 17 giugno ore 21

L'ambulatorio medico popolare è un ambulatorio gratuito per il diritto
alla salute, oggi sotto sfratto.

L'Amp in questi anni ha inciso nell'abitare questa città fornendo
visite mediche di base in sede e favorendo l' accesso a visite mediche
specialistiche presso associazioni, consultori e ambulatori con i
quali costituisce, nell'area urbana milanese, una rete che garantisce
prestazioni mediche a chi non può accedere al Sistema Sanitario
Nazionale.
Inoltre, l'AMP aiuta i migranti senza permesso di soggiorno a
esercitare il diritto di accesso alle prestazioni ospedaliere per
urgenze o malattie gravi, come previsto dalla normativa vigente.

L'Amp apre i battenti nel 1994. Dal 1995 al 2000 è stato aperto il
consultorio autogestito. Il telefono viola contro gli abusi
psichiatrici continua tutt'ora la sua attività.
I medici che ruotano sui turni sono attualmente 5, e altrettanti gli
operatori dell'accoglienza.
L'Ambulatorio è aperto due pomeriggi alla settimana per circa 3 ore al
giorno, con una media di 20-30 visite a settimana (per un totale di
circa 15.000 visite dall'anno di apertura).
Sono circa 4000 le cartelle cliniche di pazienti assistiti. L'utenza è
prevalentemente straniera, con una piccola quota di italiani.
Oltre all'attività di assitenza medica, l'Ambulatorio medico popolare
offre informazioni su tutto quello che riguarda il diritto alla
salute, in specifico per quanto riguarda i diritti dei migranti e la
salute delle donne, forndendo anche informazioni relative ad altri
"sportelli" cittadini (assistenza legale, soprattutto). Queste
attività non mediche vengono svolte sia in sede che fuori, con
interventi presso le scuole di italiano per stranieri o in altre sedi
dove viene richiesto (centri sociali, circoli arci, etc).
L'attività è completamente gratuita, ed autofinanziata con iniziative
varie (cene, aperitivi, etc).
Recentemente l'Ambulatorio ha dato il via a dei "contenziosi" con la
nostra asl di zona per tutelare i diritti sanitari di alcuni migranti,
il primo -vinto!- relativo alla mancata erogazione di ausili
salva-vita a pazienti diabetici, il secondo, ancora in corso, relativo
a comportamenti vessatori nei confronti degli immigrati IN REGOLA che
si recano alla asl a chiedere la tessera sanitaria.

L'ambulatorio medico popolare si trova nei locali, al piano terra
della storica casa occupata in via dei Transiti 28 a Milano, per quasi
due decenni lasciati in totale abbandono.
I locali sono stati acquistati da un privato a condizioni molto
vantaggiose nel 2003. Ora il tribunale ha approvato l'istanza del
nuovo proprietario, che vuole liberare lo spazio per il suo
tornaconto, chiedendo anche 13.000 euro di danni per la mancata
disponibilità degli spazi. La situazione dovrà essere risolta entro il
15 luglio 2008.

L'Unione femminile e la Libera università delle donne appoggiano le
istanze dell'Ambulatorio e reputano necessario che le autorità locali
si facciano carico di questa situazione dolorosa.

www.unionefemminile.it

martedì 10 giugno 2008

Adesso si che possiamo stare tranquille ...

Adesso sì che possiamo stare tranquille ...

FONDI PER LOTTA A VIOLENZA SESSUALE
Carfagna, 72 mln di euro per assistenza vittime e informazione >>

BABY LUCCIOLE, RIMPATRIO ASSISTITO
Ministro Carfagna risponde alla Camera ad una interpellanza Pd >>

... o no?

Le pupotte ribelli invadono anche Perugia

Le pupotte, le stesse donne di carta della campagna "ADOTTA UN CONSULTORIO" apparse sui muri di Bologna e Roma, stanno per presidiare i consultori di Perugia.

Sono venute a lottare per la difesa dell'autodeterminazione delle donne, affinché la 194 sia attuata pienamente su tutto il territorio nazionale con strutture e servizi adeguati; lottano assieme al movimento delle donne umbre per il potenziamento dei consultori, luoghi sorti come risposta ai bisogni di autodeterminazione delle donne, per la libertà rispetto a sessualità e maternità; lottano affinché i consultori tornino ad essere luoghi che sostengano con efficacia la piena cittadinanza delle donne native e migranti.

Le pupotte son venute fin qui perché sanno bene che anche nella città di Perugia c'è il rischio che i consultori vengano aperti a chi non parla alle donne ma ai loro sensi di colpa, ad associazioni che cercano di inculcare a tutte e a tutti principi propri di uno stato teocratico, pretendendo di decidere sui corpi altrui.



Le pupotte sanno che la ru486 in Umbria è solo un miraggio, e che l'obiezione di coscienza tocca percentuali dell'80% lasciando sulle spalle di poche ostetriche tutto il carico di lavoro, e che questo gran numero di obiettori fa si che le gravidanze vengano interrotte con sempre maggior ritardo mettendo in pericolo la salute psicofisica della donna.

Le pupotte lottano per la gratuità dei contraccettivi e perché si organizzi la continuità dei servizi per la contraccezione d'emergenza, in modo da garantire la rapida somministrazione della donna che ne fa richiesta della pillola del giorno dopo.

Le pupotte sostengono il lavoro delle operatrici e sono al loro fianco per evitare che i consultori diventino scatole vuote.. data la carenza di organico e di figure professionali come psicologhe e mediatrici culturali.

Le pupotte sono ribelli perché non accettano i ruoli imposti di madri e mogli all´interno di una famiglia mitizzata che nasconde una realtà di violenze e oppressioni quotidiane; perché rifiutano un finto sistema di welfare che continua a demandare la sostenibilità sociale e familiare alle donne.

Le pupotte visiteranno tutti i consultori di Perugia e insieme alle femministe della RETE DELLE DONNE e del SOMMOVIMENTO FEMMINISTA presidieranno i consultori di Madonna Alta e di Via XIV Settembre MARTEDI' 10 GIUGNO A PARTIRE DALLE 9.00 a.m.




13-14 GIUGNO: MEETING E CORTEO ANTIRAZZISTA A MILANO

13-14 GIUGNO: MEETING E CORTEO ANTIRAZZISTA A MILANO

Contro il nuovo pacchetto sicurezza del governo.
Femiamo i pogrom contro i rom e il nuovo squadrismo fascista.
Stop alle leggi razziali e pieni diritti per tutti.
Per l'autodifesa degli immigrati e di tutte le lotte colpite dalla violenza di stato.
Autorganizzazione, lotta e unità dei lavoratori contro guerre, sfruttamento, povertà e razzismo.
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venerdì 13: ASSEMBLEA E FESTA CON I ROM
dalle 15, in via Barzaghi, Milano
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sabato 14: CORTEO IN QUARTIERE
concentramento ore 15.30 - P.le Cimitero Maggiore - capolinea tram 14
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locandina, info, aggiornamenti, altri materiali: resist.noblogs.org






venerdì 6 giugno 2008

comunicato dell'associazione Almaterra di Torino

Torino, 04 giugno 2008

Vogliamo denunciare un grave episodio, accaduto questa mattina, di cui è stata testimone una Mediatrice interculturale di Moncalieri. Alle 08:30 circa, sul bus 67 (capolinea di Moncalieri), pieno di gente che a quell'ora è diretta a scuola o a lavoro, è salita una pattuglia della polizia, ha intimato a tutti gli stranieri di scendere, ha diviso maschi e femmine con bambini, ha chiesto il permesso di soggiorno.

Molte persone avevano con sé solo la carta di identità italiana, altri il permesso di soggiorno, altri ancora né l'uno né l'altro.

Tutto l'episodio si è svolto accompagnato da frasi quali : "non ce ne frega niente della vostra carta di identità italiana" , "è finita la pacchia", "l'Italia non è più il Paese delle meraviglie".

Gli agenti hanno fatto salire tutti gli uomini su un cellulare, solo un uomo marocchino, mostrando la carta di identità italiana, si è rifiutato di salire, chiedendo di che cosa veniva accusato e che avrebbe fatto riferimento al suo avvocato. Gli agenti l'hanno lasciato andare.

Nessuno dei passeggeri rimasti sull'autobus è intervenuto, anzi, molte delle persone presenti, anche sui balconi delle case intorno e sui marciapiedi, hanno applaudito.

Ci aspettiamo che venga fatta chiarezza e che non si ripeta mai più un simile episodio in un Paese che si dichiara civile e democratico.





ASSOCIAZIONE ALMATERRA

Inchiesta sugli ospedali milanesi. Clinica Mangiagalli

da ogo.noblogs.org

Quando lo scorso 14 febbraio in molte città italiane le femministe e le lesbiche scesero in piazza per contestare contro l’irruzione poliziesca nel Policlinico di Napoli in cerca di una donna accusata di “feticidio” (!!!!!), noi organizzammo un presidio non autorizzato contro l’abiezione di coscienza sotto la Clinica Mangiagalli.
Contestando la nostra scelta, una esponente della Rete 194Ragioni in una mail definì la Mangiagalli un’“isola di civiltà”, invitando le donne (e gli uomini) a partecipare al presidio autorizzato indetto in contemporanea dalla Rete in piazza S. Babila, non lontano dalla Prefettura, dove una delegazione sarebbe andata a consegnare una lettera al Prefetto.
Certo, dal disastro di Seveso per anni la Mangiagalli era stata senza dubbio una clinica rispettosa dell'autodeterminazione delle donne, ma le cose col tempo erano molto cambiate.
Così avevamo scelto quel luogo e quella modalità proprio perché ci sembrava assai significativo, sia per la ultraventennale presenza del Centro aiuto alla vita-Cav, superfinanziato da Regione e Comune, in un locale interno alla struttura ospedaliera (la cui presidente, Paola Bonzi si sarebbe, da lì a breve, candidata nella lista di Ferrara), sia per le posizioni assunte qualche settimana prima da Alessandra Kustermann (ginecologa, responsabile del Servizio diagnosi prenatale e del Soccorso violenze sessuali, nonché promotrice dello Sportello contro i maltrattamenti all’interno dell’ospedale stesso, nonché in tempi non sospetti sostenitrice dell’introduzione della RU486 e della necessità di un osservatorio sulla violenza contro le donne) a favore delle linee guida di Formigoni sugli aborti terapeutici – linee guida ‘partorite’ in quello stesso ospedale – sia per il cambio della guardia sulla 194 seguito alla morte di Pardi, primario non obiettore (ma paradossalmente favorevole alla presenza dei volontari antiabortisti in corsia, fatto su cui si scontrò anche con Kustermann), sia per infinite altre ragioni tra cui l’attivazione delle “culle per la vita”, moderna versione – videosorvegliata! – della “ruota degli esposti”.
Insomma, per stare lì sotto a contestare sia l’abiezione di coscienza che i giochi politici fatti sui corpi e le vite delle donne di ragioni ce n’erano a iosa, e ancora oggi ce ne sono per pubblicare una scheda informativa su questo ospedale che con le “isole di civiltà” ci pare avere ben poco a che spartire, come ci conferma anche la reazione di Kustermann alla sentenza con cui il Tar Lombardo ha rigettato le linee guida formigoniane.


scheda - clinica Mangiagalli >>




lettera delle detenute di rebibbia al manifesto

Egregio signor Valentino Parlato, siamo le detenute della sezione di Alta sicurezza del carcere femminile di Rebibbia. Abbiamo deciso di scriverle per far sentire anche la voce di tutte noi mamme detenute. Da diversi giorni, radio, televisioni e giornali non fanno altro che parlare della signora Anna Maria Franzoni, del trauma che stanno vivendo i suoi figli lontani dalla loro mamma e quello di doverla vedere in carcere. Premesso che nulla abbiamo contro la signora Franzoni, al contrario, ha tutta la nostra comprensione, poiché come mamme capiamo la difficile situazione che stanno vivendo lei e i suoi figli. Quello che non riusciamo a capire è il perché di tutta questa pubblicità. Se si vuole sensibilizzare l'opinione pubblica, ci chiediamo perché non lo si fa per tutti i bambini che, come quelli dalla signora Anna Maria Franzoni, hanno la propria mamma in carcere. Sentiamo dai telegiornali che, per non fa subire ulteriori traumi ai bambini della suddetta signora, è stato concesso loro di vederla in un giardino. Con questa lettera sentiamo il dovere di difendere i nostri bambini che vivono la tragedia dei colloqui settimanali in luoghi chiusi, dove non possono essere a stretto contatto con noi ma divisi da un largo, fisso ripiano di marmo, seduti su fissi cubi di marmo per non parlare di quei bambini che vedono la propria mamma, ristretta in regime di 41 bis, una volta al mese e divisi da un vetro senza poter avere un contatto umano e il calore di un abbraccio. La signora Franzoni è entrata in carcere con una sentenza definitiva, al contrario di alcune di noi che sono in custodia cautelare, quindi, con la presunzione di innocenza. Non si capisce la disparità di trattamento. Per la legge dobbiamo essere tutti uguali, ma l'esperienza di questi posti ci insegna che chi ha più santi va in paradiso, chi invece non ne ha è considerata cattiva e quindi destinata all'inferno insieme ai figli costretti a pagare colpe che non hanno. Crediamo con queste parole di potere interpretare il pensiero di tutte le mamme detenute nelle varie carceri italiane e rivolgiamo questa lettera a tutti coloro che a ragion veduta mostrano sensibilità nei confronti della tragedia personale della famiglia Franzoni invitandoli a usar la stessa sensibilità anche per chi vive le stesse tragedie ma...al di fuori del palcoscenico mass-mediatico.

Distinti saluti

Detenute della sezione di Alta sicurezza di Rebibbia, Roma

le prostitute sono un pericolo per la morale, trentenne italiano stupra ragazza marocchina, antifascismo queer

Irina, sedici anni, comprata per 200 euro in Romania, picchiata dal protettore con una mazza da baseball se non guadagnava almeno 5 mila euro lungo i viali romani. Una schiava, umiliata e trattata come un animale: con le iniziali del suo aguzzino incise sulla pelle con un pezzo di vetro come un marchio di proprietà. Se passa il ddl anche lei verrebbe considerata un "soggetto pericoloso" come le oltre 70mila prostitute che si vendono ogni giorno in Italia, cercate ogni mese da ben nove milioni di clienti di cui il 70 per cento è regolarmente sposato. >>

Aveva il vizio di adescare le ragazze delle scuole medie milanesi, trascinarle con una scusa a casa sua e stuprarle. Gaetano Calicchio, un italiano di 30 anni, è stato arrestato all'alba nella sua abitazione dagli agenti della Squadra mobile di Milano. Dovrà rispondere di violenza sessuale aggravata su una ragazza marocchina di 14 anni che è rimasta incinta. >>

Nelle ultime settimane assistiamo ad un clima crescente di odio, paura, sopraffazione: l'elenco delle aggressioni è un tamburo battente, suonato di volta in volta da responsabili neofascisti organizzati, violenti che agiscono con pratiche fasciste, forze dell'ordine, la cosiddetta gente qualunque che assiste e plaude o si volta dall'altra parte. A Verona un ragazzo, reso diverso agli occhi dei suoi assassini dal taglio di capelli, viene ucciso di botte da un gruppo di ventenni fascisti, negli stessi giorni in Sicilia una ragazzina di 14 anni viene strangolata da alcuni suoi coetanei perché probabilmente incinta di uno di loro, la tv di stato in prima serata ci mostra come un'eroica iniziativa per la sicurezza nazionale le scene di nazismo, orrore, violenza della "caccia alla trans" condotta nella zona del Prenestino di Roma: ragazze rincorse fra gli sterpi da poliziotti e giovanotti rasati, insultate dalla folla "perbene" dei residenti. >>




martedì 3 giugno 2008

aggiornamenti FLAT bologna 14 e 15 giugno

da flat.noblogs.org

Qui le proposte dell'assemblea femminista e lesbica di Bologna >>


Leggi o scarica il programma della due giorni! >>


Consulta e commenta gli ambiti di discussione della due giorni! >>


Il 14/06 Manifestazione notturna contro la violenza maschile >>



psicofarmaci e psichiatria: tenere fuori dalla portata dei bambini

Proponiamo questa intervista a Giorgio Antonucci fatta un paio di anni fa dal Gruppo d’iniziativa non psichiatrica di Tradate, di cui alcune di noi del Collettiva donne fanno parte.
Negli ultimi anni anche in Italia si sta diffondendo la psichiatrizzazione dei bambini, estendendo ai loro comportamenti i giudizi e le diagnosi psichiatriche.
Il dott. Antonucci ha dedicato la sua vita alla lotta contro il pregiudizio psichiatrico: per tutte/i noi con il suo pensiero di libertà e il suo agire è stato un riferimento determinante.

scarica il pdf >>



Follia antizigana in Italia

Notizia dell'ultima ora. Il Gruppo EveryOne ha concluso la prima fase delle le proprie indagini relative alla presunta rapitrice di Ponticelli.

Oltre alla conferma che si tratta di una montatura, Angelica è risultata essere una giovane slava e non una Romnì. Non è la prima volta che reati commessi da altre etnie (ma nel caso di Angelica si conferma anche la sua estraneità ai fatti delittuosi che le sono stati attribuiti) vengono addossati ai Rom al fine di giustificarne la persecuzione.

continua >>