martedì 29 aprile 2008

Stupro? no grazie. Ma prego, si figuri!

Ho letto questo post di Viscontessa (http://www.viscontessa.com) su sorelle d'italia e pensavo che noi donne riusciamo ad essere ironiche anche quando non c'è proprio niente da ridere...



Sono un po’ preoccupata per questa nuova ondata di stupri che sta travolgendo il nostro paese. Ciò che mi preoccupa non sono questi extra comunitari incivili e delinquenti che violentano le donne italiane, per quello ci sono già i nostri uomini italiani che violentano, stuprano, e ammazzano le loro donne molto più degli extra comunitari, ma per la nuova responsabilità che ancora una volta, come donne, siamo costrette ad accollarci.

Insomma, ancora dobbiamo riprenderci dalla campagna contro l’aborto ordita da Giuliano Ferrara per alimentare il suo spropositato ego che già ci vogliono come protagoniste per una nuova campagna pubblicitaria contro l’extra comunitario, e se non fosse che i nostri impegni sul set sono davvero così massacranti, scommetto che ci offrirebbero un ingaggio come testimonial anche per rilanciare l’economia: “chi non lavora non fa l’amore” e la solita gnocca semi svestita abbarbicata all’operaio in tuta con la scritta “sciopero? No grazie”.

Certo non è facile spiegare a chi proviene da altre culture che nel nostro civilissimo paese l’uso che il maschio può fare della donna italiana, non è più quello del rapporto sessuale forzato ma quello onanistico incoraggiato e favorito dalla pubblicità, dalla televisione o dalla moda oppure quello strumentale alle proprie battaglie, tuttavia, siccome noi oltretutto siamo già impegnate a testimoniare come massaie il rincaro dei prezzi dei generi alimentari e come madri ad esaltare le gioie della maternità per frenare il calo demografico, di questo potrebbero occuparsene gli uomini di governo promotori della cultura della gnocca e del celodurismo.

In alternativa, visto che Ferrara ha già chiuso la sua lista pro-life, affidiamo al suo ego questa nuova campagna culturale in favore delle donne. “stupro? No grazie” perchè ad ogni donna sia restituita la libertà di essere semplicemente oca.

E ora stacchetto.

che dire?

Riporto senza commentare perché ci sono cose a cui aggiungere verbo è superfluo.

Letto su http://www.padovadonne.it/

Il nuovo regolamento per gli asili nido comunali sta tutto in questa splendida dichiarazione: "I figli nati in un contesto familiare regolare hanno un canale preferenziale rispetto agli altri".
Così nella graduatoria di accesso agli asili nido 20 punti vengono assegnati ai figli di vedove/i, 15 punti ai bambini di coppie regolarmente sposate, 10 punti a quelli riconosciuti da un solo genitore (nella stragrande maggioranza i figli di ragazze madri), 8 ai bambini di separati e solo 7 punti ai figli di coppie conviventi ma non coniugate, le terribili famiglie di fatto.
Il perché ce lo spiega il consigliere di FI Mario Rossi (un nome, un programma) : "La famiglia e la sposa vedova con il bambino sono una istituzione riconosciuta come famiglia dalla costituzione, mentre la ragazza madre con il bambino per il suo status non ha avuto un rapporto istituzionalizzato con la società, come lo ha chi ha legame di matrimonio". Dunque una graduatoria della moralità e della conformità al modello di Famiglia, quella con la maiuscola, unica e sola riconosciuta. E i bambini? Ma chi se ne importa! E le madri, le donne, la fatica che fanno a gestire situazioni difficili? Sono colpevoli di non avere "un rapporto istituzionalizzato con la società" e quindi.. Se un pregio ce l'ha questo regolamento è di svelare come la pensano veramente i paladini della Famiglia. C'è qui un furore ideologico, una gelida rabbia non tanto a difesa della famiglia ma contro tutte/i quelle/i che dentro quella Famiglia, per i più diversi motivi, non ci stanno. Una furia che rivela come anche le campagne contro l'aborto non siano a favore di eventuali bambini che potrebbero nascere ma ancora una volta contro le donne colpevoli di non essere sottomesse e conformi. Viene fuori un pensiero unico spaventosamente ottuso e irreale che vorrebbe restaurare a suon di leggi e regolamenti quello che, per fortuna, nella società non esiste più. I tanti e diversi modi di stare insieme, a volte scelti, a volte subiti, stanno intorno a noi, veri e vicini, a ricordare che la vita delle persone è un'altra cosa. E allora a colpi di clava puniamo i cattivi anzi le cattive e premiamo la Famiglia consacrata dal matrimonio. Ma chiediamo di nuovo: e i bambini? I bambini si usano mica si difendono. In genere si usano contro le madri. Così il figlio di genitori separati o di una ragazza madre o di chi vive insieme ma non si è sposato vale meno del figlio della famiglia del mulino bianco (quella famiglia comunque in cui le cronache ci dicono si consumano le peggiori nefandezze). Bambini marchiati dal fatto di essere figli di madri, di genitori "cattivi", bambini che valgono meno, bambini a perdere. Bambini per i quali forse ci sarà un po' di carità pelosa, erogata caso per caso, dopo aver valutato tutto, ma proprio tutto. Trasformati già così piccoli in diversi, in casi sociali tollerati a fatica ma non inclusi nella scintillante e perfetta società delle Famiglie regolari.


Alcune famiglie irregolari

NOTIZIE DALLA RETE E OLTRE

la rassegna stampa a modo nostro

cosa ci siam dette ieri sera

La Collettiva è in fermento. Ieri sera riunione pratica e veloce. Bozza del volantino alla mano, sposta il titolo, ingrandisci il nome e via di seguito la creativo/snervante routine della grafica, abbiamo definito i dettagli delle prossime iniziative.

Il 16 maggio proiettiamo "PERSEPOLIS" il bellissimo cartone animato di Marjane Satrapì, che racconta la sua infanzia in Iran e la sua adolescenza in occidente all'indomani della guerra contro l'Iraq.

Domenica 18, invece, abbiamo deciso di organizzare un incontro pubblico.
IL FEMMINICIDIO. L'ambito più pericoloso: la famiglia. Il posto più a rischio: la casa.
Con noi ci sarà Michela Zucca, un'antropologa che ha svolto il suo lavoro di campo fra gli sciamani sudamericani amazzonici.
Michela si è specializzata in antropologia alpina, storia della stregoneria, studio dell’immaginario nelle espressioni artistiche popolari. Lavora al Centro di ecologia alpina di Trento, si occupa di sviluppo sostenibile di aree rurali marginali, di valorizzazione del territorio, di formazione, di progetti europei. Ha fondato la rete di donne delle Alpi. Scrittrice tra altri di “Donne delinquenti. Storie di streghe, eretiche, ribelli, rivoltose, tarantolate”.

A breve la locandina.

Poi, per non farci mancare niente, stiamo pianificando, per l'8 giugno, "UN FESTONE DELLA MADONNA". Quanto prima forniremo notizie più precise.

Saluti!

Le Collettive

lunedì 21 aprile 2008

liberarsI

di tutto ciò che ci opprime

sabato 19 aprile 2008

DOCUMENTARIA

documenti utili e necessari

obiettiamo gli obiettori

Di fronte agli attacchi sempre più pesanti all'autodeterminazione delle donne non si può più rispondere semplicemente invocando la difesa della 194.

Le scellerate dichiarazioni degli antiabortisti in queste ultime settimane rendono ancor più evidente il potere sulla sfera della riproduzione (e, più in generale, su quella della salute) che la classe medica può esercitare, coadiuvata anche dall'articolo 9 della legge 194 che prevede per il personale sanitario la possibilità dell'obiezione di coscienza ­ possibilità contemplata unicamente rispetto all'interruzione di gravidanza: in nessun altro ambito medico né in altra professione vale questa opzione.

Per riaffermare con efficacia il nostro diritto di autodeterminazione dovremmo, quindi, ripartire proprio dal nodo dell'obiezione di coscienza, da questa "opzione", riconosciuta per legge, secondo cui alle scelte e ai problemi di sofferenza delle donne (perché abortire è una scelta sofferta) il personale medico-sanitario può anteporre i suoi "problemi di coscienza", la sua visione della vita ­ in poche parole, in nome della propria "coscienza" può opprimere il soggetto a cui deve assistenza.

Gli effetti di ciò sono sotto gli occhi di tutte: oggi abortire è diventato quasi impossibile e le donne stanno ritornando a pratiche clandestine per l'interruzione di gravidanza; l'arroganza degli obiettori è immensa, e nei reparti il personale che non vuole adeguarsi ai diktat dei primari obiettori ha vita dura; perfino l'accesso alle scuole di specializzazione in ostetricia e ginecologia è sempre più vincolato all'"atto di fede" dell'obiezione di coscienza. Chi si adegua ha una strada privilegiata per far carriera; chi invece non obietta è costretta/o a impiegare la maggior parte del proprio tempo a praticare aborti per sopperire alla scarsità di personale non obiettore. Per non parlare, poi, della cospicua fetta di finanziamenti pubblici destinata agli ospedali cattolici in cui non è riconosciuta la possibilità dell'interruzione di gravidanza.

Se una cattiva legge permette, attraverso l'obiezione, di calpestare i diritti individuali, anche le/i cittadine/i hanno diritto di sapere chi sono coloro che le/i curano e di scegliere da chi farsi curare: che fiducia si può avere in quel/la ginecologo/a che costringe a inutili sofferenze in nome delle proprie convinzioni morali, pensando di aver dei diritti sul corpo dell'altra?

Crediamo sia arrivato il momento non solo di rivendicare dei diritti ma anche di praticarli.

"Obiettiamo gli obiettori" significa che esercitiamo il diritto di scegliere da chi farci curare, pretendendo un rapporto di fiducia, trasparenza e assunzione di responsabilità con la persona a cui affidiamo la nostra salute. Significa, quindi, pretendere dalle Asl, dai Consultori e dagli Ospedali l'elenco del personale medico-sanitario che pratica l'obiezione di coscienza. Alle donne che intendono difendere e affermare il diritto all'autodeterminazione proponiamo di:

  1. costituirci come soggetti politici che esigono la pubblicizzazione e l'affissione pubblica negli ospedali e nei consultori delle liste del personale sanitario che fa obiezione;
  2. cominciare a raccogliere città per città, ospedale per ospedale, consultorio per consultorio tutte le informazioni che già si hanno, facendo una prima lista dei nominativi che si posseggono
  3. promuovere il boicottaggio in toto di tutti i reparti e di tutte le prestazioni (analisi del sangue, visite, ecc) degli ospedali in cui ci sono più obiettori;
  4. creare un sito dedicato a questo dove raccogliere informazioni.

Sappiamo bene che in nome di "sacri principi" vengono compiuti i più grandi crimini della storia, la violazione dei più elementari diritti umani. Hannah Arendt ci ha insegnato che "Il male appare banale e proprio per questo ancora più terribile: perché i suoi più o meno consapevoli servitori, altro non sono che dei piccoli, grigi burocrati, simili in tutto e per tutto al nostro vicino di casa".

Difendere la nostra autodeterminazione dai "burocrati del male" significa diventare protagoniste nell'esercizio e la difesa dei nostri diritti. Smantellare il sistema che si è creato intorno all'obiezione di coscienza, significa smantellare un sistema che alimenta e legittima gran parte degli attacchi contro l'autodeterminazione dei nostri corpi e delle nostre vite. Sta a noi donne determinare un grande risveglio prendendo coscienza della vastità dell'abuso subito e impedire che si ripeta, rimpadronendoci di un sapere e di pratiche che ci mettano in grado di opporci agli abusi e di chiederne conto.

Collettivo femminista Maistat@zitt@

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martedì 15 aprile 2008

due parole




LE STREGHE NON SE NE SONO MAI ANDATE E SONO MOLTO [AUTO]DETERMINATE

Ma, evidentemente, questo semplice concetto sfugge a tutti i politicanti-pretucoli che [stra]parlano delle donne, di noi, come se non fossimo qui. Pontificano sul nostro corpo, sulla nostra mente, sul nostro cuore, sul nostro utero, sui nostri ovuli, come fossimo solo merce di scambio per un passaggio in più in televisione, come fossimo solo contenitori ancora vuoti di figli possibili, di figli necessari, di figli obbligatori.

Neanche loro se ne sono mai andati, e la questione è sempre la stessa, l’attacco sferrato fa leva sempre sulla stessa immagine. Donna assassina, donna irresponsabile, donna vile, donna egoista, donna sbagliata, donna inversa, donna contro natura. Donna che, ma tu pensa, pretende di essere altro da quello che altri hanno stabilito. E non è solo una questione di diritto all’aborto.


Le donne sanno e devono essere ovunque. E stando fuori, dentro, intorno, sotto e sopra, possono mutare i molteplici aspetti dell’esistente. Smettiamo di essere lo specchio in cui l’uomo si ammira per sentirsi migliore. Ri-membriamo il nostro [iper]spazio vitale, la nostra autonomia interiore, per ri-prenderci il nostro spazio/tempo anche all’esterno.