domenica 2 novembre 2008

bello

... in questa domenica di pulizie e pranzi con parenti ho appena finito di leggere questo post di Viscontessa, dal blog delle sorelle d'italia ... davvero davvero bello ... secondo me ...

Dedicato proprio a te

Detesto spolverare e stirare. Lucidare un pavimento mi da una certa soddisfazione tanto che me ne vado spesso in cerca della cera ideale ovvero quella che una volta terminato il lavoro farà apparire tutte le stelline sul mio pavimento. Lavo, cucino, rastrello il giardino e di tanto in tanto passo la cera anche sui mobili. Qualche volta lucido l’argenteria ma più facilmente lucido le pentole di rame che tengo in cucina perché d’argento, a dire il vero, ho soltanto un paio di ciotole regali di nozze del mio primo matrimonio. A lucidare i rami ho imparato da mia madre e ho imparato da lei molte altre cose come togliere le incrostazioni da un forno o mettere le tende in ammollo con l’amido. Alcune cose mi piacciono proprio, mi divertono e mi rilassano come per esempio cucinare attività che ultimamente hanno scoperto anche molti uomini che ora ti spiegano quanto sia rilassante cucinare come se lo avessero scoperto loro, come se prima della loro scoperta l’umanità si fosse cibata di radici e carne cruda.




A volte, quando la mattina porto i cani a spasso e vedo sulle finestre delle altre abitazioni i cuscini e le lenzuola a prender aria, mi dico che vorrei farlo anche io, mi dico che vorrei fare la casalinga, vorrei far prendere aria ai miei cuscini e poi vorrei andare al mercato a fare la spesa, vorrei scegliere ogni giorno mazzi di carciofi freschi e lamentarmi per il prezzo con il verduraio.
Non c’è niente di gratificante nel spostare le mie chiappe dalle sedia di cucina dove stati seduta a sgranare fagioli e quella dell’ufficio dove me ne sto a sgranare fatture. Certo, nei periodi nei quali mi è capitato di non lavorare ti rendi conto che il mondo è là fuori e che di fagiolo in fagiolo, se non fai attenzione, rischi di perdere il contatto con la realtà ma è aberrante pensare che per sentirti parte del mondo devi essere sempre stanca, indaffarata, incazzata, preoccupata, competitiva e sentirti perennemente in colpa per qualcosa, eppure questa pare la forma di più diffusa di emancipazione che siamo riuscite a costruire negli anni.
Tuttavia è ancora più deprimente che si associ la figura della casalinga a quella di una “donnetta”, di una poveretta che nella vita non ha saputo fare altro. Non voglio con questo rivalutare il ruolo sociale della casalinga né aprire un dibattito sulla creatività necessaria alla preparazione di un coniglietto in pasta di sale, ma l’altra sera mi è capitato di sentire Magalli che raccontava come gli era venuta l’idea del famoso gioco dei fagioli della Carrà.
Qualcuno lo ricorderà, altri ne avranno sentito parlare comunque sia si trattava di indovinare il numero esatto dei fagioli contenuti in un grosso contenitore di vetro. Un gioco stupido, un gioco più che altro di fortuna alla cui soluzione era possibile arrivare solo seguendo abbastanza fedelmente il programma tanto da escludere tutti i numeri sbagliati già proposti dagli altri telespettatori. Magalli insomma, ha raccontato che dovevano trovare un gioco semplice per il pubblico semplice di solito di fronte alla televisione a quell’ora, ovvero le casalinghe. E allora ecco, questa associazione casalinga uguale persona sempliciotta, ignorante, poco dotata intellettualmente, mi ha un po’ disturbata e mi ha disturbata perché quest’associazione, tra l’altro molto frequente, da per scontato che se come donna vali poco più di un fagiolo, la tua scelta non può essere quella di startene a casa a rammendar calzini anche se l’alternativa è semplicemente quella di timbrar raccomandate per otto ore al giorno.
E poi ho pensato a mia madre e alle sue amiche che casalinghe lo erano perché quello era il ruolo a cui erano destinate ma che sicuramente non sapevano che quel gioco dei fagioli fosse dedicato a loro. E di questo sono davvero sicura perché ancora ricordo mia madre che di fronte a quei fagioli disse qualcosa tipo “e questo hanno il coraggio di chiamarlo “gioco? E a chi sarebbe rivolto questa specie di gioco?”.
Ecco mamma, bisogna che te lo dica, quel “gioco” era proprio dedicato a te.

Nessun commento: